Achille Funi
(Ferrara 1890 – Appiano Gentile 1972)

  • Autore:  Achille Funi ( Ferrara 1890 – Appiano Gentile 1972 )

  • Tecnica: Pastelli e tecnica mista su carta intelata, cm 93 x 72 cm

    Autentica su foto della Galleria d’arte Nicoletta Colombo (Mi) con n° P96-I34.

     

Achille Funi nasce a Ferrara nel 1980.

Completati i primi studi artistici nella propria città natale, si trasferisce a Milano, dove si diploma all’Accademia delle Belle Arti di Brera nel 1910. In Accademia conosce Carrà e Boccioni, attraverso i quali entra in  contatto con il Movimento Futurista.

Pur, infatti, non configurando fra i firmatari, nel 1914 Achille Funi aderisce al Movimento Futurista.

Benché membro del gruppo marinettiano, l’artista non sembra  abbracciare però appieno gli stilemi del movimento, elaborando dell’arte futurista una sua personalissima interpretazione, che, all’esasperazione del movimento di Boccioni guarda di preferenza alla resa  plastica delle forme cezanniane.

Con lo scoppio della Grande Guerra, si arruola nel Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti e Automobilisti insieme a numerose e celebri personalità del Movimento Futurista, acceso sostenitore del fronte interventista.

A Guerra finita, Funi comincia ad allontanarsi dal dinamismo plastico della figurazione dei seguaci marinettiani, per abbracciare le idee e le teorie promulgate dalla rivista romana “Valori Plastici”. La rivista, diretta dal pittore e critico Mario Broglio, è punto di riferimento teorico del nuovo gusto che accomuna ora molti artisti italiani. Prendendo infatti le distanze dallo sperimentalismo linguistico delle Avanguardie, il nuovo gusto che comincia a trovare largo consenso nella Penisola si caratterizza per la riscoperta di una figuratività tradizionale, arcaicizzante e classicheggiante, all’insegna di un ritorno all’ordine. In un tal clima di restaurazione del passato artistico e di ripresa della grande tradizione pittorica italiana, nel 1920 l’artista firma, insieme a Dudreville, Russolo e Sironi, il Manifesto “Contro tutti i ritorni in pittura”.

E’ quindi nel 1923 fra i firmatari del Manifesto di Novecento, gruppo fondato dalla critica Margherita Sarfatti – direttrice del “Popolo d’Italia” – e dal gallerista milanese Lino Pesaro. Interprete fra i più ortodossi delle istanze del movimento, Funi non fatica a conformarsi alle alle linee stilistiche di Novecento, dando vita a opere dai volumi dilatati e monumentali, improntati ad una classicità severa e primitiva. I temi prediletti sono quelli “classici” del nudo, del ritratto, della natura morta e del paesaggio. Anche le tinte, nel solco della tradizione artistica Tre-Quattrocentesca, si fanno ora tenui e smorzate, mentre le forme severe e possenti: ciò che più preme all’artista è ancora una volta la resa plastica delle figure.

Nel 1933 Achille Funi sottoscrive il manifesto sironiano sulla pittura murale, insieme a Campigli e Carrà.

Negli anni Trenta, Funi, è protagonista di grandi opere monumentali, soprattutto ad affresco, sottoscrivendo nel 1933, insieme a Campigli e Carrà, il manifesto sironiano sulla pittura murale. Partecipe del clima del tempo, realizza imprese artistiche di grande valore e imponenza: decora le pareti della Triennale di Milano (1933) e di Monza e ed è artefice degli affreschi del “Mito di Ferrara” sulle pareti della sala della Consulta del Palazzo Comunale della sua città natale (1934-1937). Si cimenta anche in due opere a mosaico nella Chiesa di San Giorgio in Palazzo a Milano e all’interno della Chiesa del Cristo Re a Roma.

Negli anni quaranta Achille Funi è professore di pittura all’Accademia di Brera a Milano. Nel 1945  ottiene invece la cattedra di pittura all’Accademia Carrara di Bergamo, divenendone in seguito direttore. Negli anni cinquanta torna a insegnare a Brera.        

Muore nel 1972 ad Appiano Gentile.

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